“L’esperienza del ruolo subalterno che spettava alla donna in una società interamente gestita da uomini, mi aveva convinto di non essere tagliata per fare la moglie”.

—Rita Levi-Montalcini

A vent’anni,  acquisita piena fiducia in se stessa e consapevole delle sue capacità, sapeva di poter aspirare a ruoli diversi per riuscire ad influire positivamente sulla vita degli altri.

Riuscì a far prevalere le sue ragioni sulle aspettative tradizionali del padre e ad iscriversi alla Facoltà di Medicina, continuando a studiare il sistema nervoso anche dopo la laurea. Ebrea nell’Italia fascista, fu sospesa dalla professione con la promulgazione delle discriminatorie leggi razziali e in seguito, perseguitata dal Nazismo, riuscí a lavorare clandestinamente in un laboratorio improvvisato che aveva predisposto nella casa dei suoi, in camera da letto.

Il coraggio di Rita che accettò una borsa di studio per gli USA senza conoscere la lingua trasformò il suo soggiorno americano di pochi mesi in una permanenza di trentatre anni particolarmente proficui. Quando all’età di settantasette anni Rita vinse, con Stanley Cohen, il Premio Nobel per la scoperta del NGF o Fattore di Crescita Nervoso – attualmente utilizzato anche per cercare di curare malattie come Alzheimer e Parkinson – iniziò per lei una nuova vita. Nei vent’anni successivi, da vera ambasciatrice della scienza e dell’umanesimo filantropico, realizzò più di quanto riesca alla maggior parte delle persone in un’intera esistenza.

Di Francesca Valente

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